Obesità infantile, prevenire è meglio che curare

foto di bambino che mangia dolciumiL’obesità infantile  rappresenta oggi una delle emergenze sanitarie dei paesi  ad alto sviluppo.
L’Italia in particolare detiene il primato europeo di bambini ed adolescenti in sovrappeso.  
La fascia 9-11 anni sembra la più problematica .
Secondo i dati dell’osservatorio ‘Okkio alla salute’ (2014) il 20,9 % dei bambini italiani è sovrappeso e il 9,8% obeso.
L’obesità è una patologia in quanto può determinare una serie di problemi a livello medico e psicologico, che accompagneranno  molto probabilmente il ragazzo anche nell’età adulta con il rischio di aggravarsi. Si stima  infatti che in due casi su tre un bambino sovrappeso diventerà un adulto obeso.
Ma quali sono le cause di questa patologia che è stata definita addirittura l’epidemia del nuovo millennio?
Ci sono molti fattori che entrano in gioco  e che si intrecciano fra loro, inoltre quando si parla di minori è bene sempre allargare lo sguardo all’intera famiglia e comunità.

Sicuramente bisogna prendere in considerazione:

  •          Fattori ereditari
  •         Fattori medici
  •         Educazione alimentare
  •        Abitudini familiari
  •        Stile di vita
  •        Fattori psicologici

Come psicologa del comportamento alimentare concentrerò l’attenzione su questi ultimi quattro aspetti.
L’osservatorio ‘Okkio alla salute’ ha indagato le abitudini alimentari dei bambini  delle elementari e i risultati sottolineano :
  • la mancanza di una colazione adeguata (l’8%  salta la colazione e il 31% fa una colazione sbilanciata in termini di nutrienti).
  •  Un consumo insufficiente di frutta e verdura (il 25% dei genitori afferma che i figli non ne fanno un consumo quotidiano).
  • Eccessivo consumo di cibo e bevande definite  “spazzatura” (merendine, bibite zuccherate e/o  gassate).

Per quanto riguarda lo stile di vita, risulta piuttosto sedentario, i dati confermano che molti bambini non praticano alcuno sport  e in generale il tempo settimanale dedicato ad attività motorie è scarso rispetto a quanto sarebbe auspicabile. Al contrario troppe ore sembrano dedicate ad attività  sedentarie come videogiochi e televisione.

Quali fattori psicologici?

Molti bambini non amano le verdure, perché?
Una risposta potrebbe trovarsi nell’apprendimento. Vi siete chiesti come mai i pediatri consigliano pappe prive di sale e zucchero nei primi mesi di vita? Questo è un comportamento preventivo  che comincia dalla nascita, abituare il bambino a gusti più semplici è il primo passo per proteggerlo da future malattie come ipertensione e diabete,nonché  dall’obesità. Allo stesso modo le linee guida dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità consigliano allattamento esclusivo  al seno nei primi sei  mesi di vita ed oltre perché si è visto che è legato alla prevenzione dell’obesità. Infatti il bambino sviluppa il senso del gusto già da piccolo e se la madre ha un’alimentazione variata il bimbo comincerà ad apprezzare diversi gusti nel latte materno, anche quello delle verdure.

L’educazione alimentare fatta dai genitori continua per tutta l’infanzia, attraverso le scelta di cosa portare a tavola, di come vivere il momento dei pasti e attraverso l’esempio.
 Il genitore che predica bene ma razzola male non avrà molto successo. Tutta la famiglia dovrebbe avere un’alimentazione sana e bilanciata, i bambini sono spugne e saranno condizionati dai gusti alimentari dei loro modelli adulti, dalle quantità e porzioni proposte,  dal rapporto con il cibo in generale che  si vive in famiglia. 

L’educazione alimentare quindi dovrebbe essere rivolta in primis ai genitori, e richiede il coinvolgimento di tutta la famiglia. Spesso quando un bambino mangia troppo andrebbero indagati anche aspetti emotivi non solo del bambino ma anche del caregiver.

 Il bambino può ricercare il cibo anche se nonha fame come consolazione emotiva, la domanda da farsi è “di cosa ha veramente bisogno? Cos’è che lo rende insoddisfatto, arrabbiato, triste, ansioso, annoiato e lo spinge a consolarsi con il cibo?”.

Ma anche il genitore può veicolare delle emozioni negative nel il momento dei pasti, ci sono genitori che temono che il bambino possa soffrire la fame seppur  sia evidente che non manchino le calorie, che non concepiscono l’idea di gettare il cibo e che quindi ritengono che il piatto vada pulito anche se si è sazi, che amano coccolare i figli con il cibo senza tener conto  che l’eccesso fa male, ci sono genitori che non sanno dire no,  altri che si offendono se il bambino non apprezza il cibo offerto, altri che usano il cibo come ricatto “se ti comporti bene ti compro il gelato” se ti comporti male “niente cena”, e via dicendo.

Infine che  nostri bambini si muovano poco è un dato di fatto, le loro giornate sono organizzate tra scuola, seduti sui banchi e compiti a casa. Che la nostra società riservi così poco spazio al movimento dei più piccoli è un peccato sia per il loro sviluppo fisico-motorio che per il loro sviluppo cognitivo e psicologico.
I bambini per crescere bene hanno bisogno di sperimentarsi attivamente, facendo attività sportiva o comunque movimento il bambino impara a  conoscere il proprio corpo,  potenzialità e limiti, ma esercita anche abilità psicologiche che lo alleneranno alla vita; concentrazione, pazienza, problem solving, capacità relazionali, gestione delle emozioni. 
La passività di uno schermo non può offrire le stesse opportunità, giocando alla play station il bambino non scarica l’adrenalina ma anzi accumula tensione, tutto il corpo e teso e concentrato sullo schermo, ma l’energia è intrappolata perché non si muovono che le mani, eppure quando finisce di giocare è mentalmente stanco e magari va a ricaricarsi con un bel panino.

Quindi per concludere quali consigli per una prevenzione dell’obesità infantile?
Integrare maggiormente frutta e verdura nell’alimentazione dei giovani, aumentare le ore dedicate all’attività fisica,  riscoprire il valore della prima colazione, diminuire il consumo di junk food (cibo spazzatura)  e soprattutto coinvolgere tutta la famiglia nell’educazione alimentare, non è il bambino che va messo a dieta ma è la famiglia al completo che deve rivedere le proprie abitudini alimentari e il proprio rapporto con il cibo.



Dott.ssa Silvia Piavento
Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica
Esperta in psicologia dell’alimentazione


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